Regione Emilia Romagna: migrazione perduta


Negli ultimi due giorni, ho ricevuto una serie di telefonate e di messaggi relativi all’annuncio della migrazione ad Apache OpenOffice della Regione Emilia Romagna, che mi chiedevano il perché di una scelta totalmente controcorrente rispetto al resto del mondo.

Infatti, quella della Regione Emilia Romagna è la prima migrazione in assoluto ad Apache OpenOffice dall’inizio del 2012, dopo che il Governo Francese ha migrato 500.000 personal computer, la Regione di Valencia in Spagna 120.000, la città di Monaco di Baviera 15.000, e in Italia la Provincia di Perugia 1.000 e la Provincia di Macerata 500, e diverse strutture della Provincia di Bolzano almeno 3.000, tutti a LibreOffice , e tutti dopo un’attenta valutazione comparativa nei confronti di Apache OpenOffice.

E questi sono solo i primi nomi che mi sono venuti in mente, ma ce ne sarebbero molti altri, come gli Ospedali di Copenhagen con 25.000 personal computer, le città di Limerick e Galway in Irlanda, di Las Palmas in Spagna, di Vieira do Minho in Portogallo, di Pilea Hortiatis in Grecia, di Largo in Florida, oltre allo Stato del Rio Grande del Sud in Brasile e a diversi enti governativi e non in Brasile, Germania, Olanda e Spagna. E mi fermo qui.

Quindi, ho cercato di risalire alle motivazioni di una decisione apparentemente inspiegabile, vista la superiorità di LibreOffice rispetto ad Apache OpenOffice. Superiorità che non viene dimostrata solo dal numero delle migrazioni – quand’anche la Regione Emilia Romagna non cambiasse idea, scegliendo il prodotto migliore, il numero dei PC migrati ad Apache OpenOffice negli ultimi anni rimarrebbe di soli 6.000, contro oltre un milione migrati a LibreOffice – ma anche da tutti i numeri, a partire da quello degli sviluppatori per arrivare a quello delle funzionalità.

Facendo una rapida ricerca, ho trovato questa pagina relativa a un incontro organizzato a Bologna l’11 aprile 2013, in cui diversi esponenti degli enti pubblici della Regione Emilia Romagna hanno ascoltato dalla viva voce di Davide Dozza – uno dei personaggi più ostili a TDF e a LibreOffice, e più favorevoli a IBM e quindi ad Apache OpenOffice – una serie di falsità su LibreOffice che meritano un chiarimento.

Davide Dozza ha anche la faccia tosta di definirmi, con un sorrisetto ironico, “una brava persona, ma un uomo di marketing” (e quindi, tra le righe, un bugiardo), proprio mentre sciorina le sue falsità. Complimenti, davvero, questa fa il paio con la difesa di coloro che hanno ritenuto opportuno insultarmi all’epoca del fork – in modo piuttosto pesante – per il fatto di far parte del gruppo dei fondatori di The Document Foundation e LibreOffice.

Veniamo al dunque: nella pagina si trovano la registrazione video dell’evento, e due documenti che – fortunatamente – permettono di evitare la visione dello stesso in quanto sintetizzano tutte le falsità (una è contenuta nel file ODT, tutte le altre nel file PDF), che vale la pena di smontare una per una.

1. LibreOffice rispecchia gli interessi di una serie di aziende

FALSO. LibreOffice rispecchia gli interessi della comunità. Lo statuto di The Document Foundation è chiarissimo in proposito, in quanto tutti gli organismi decisionali sono costituiti da membri della fondazione che rappresentano se stessi (per diventare membri è necessario contribuire, e una volta membri si può eleggere ed essere eletti) e non le aziende di cui sono eventualmente dipendenti. Peraltro, per evitare che a qualcuno venga la tentazione di rappresentare gli interessi dell’azienda di cui è dipendente e non quelli della comunità, esiste uno sbarramento per cui all’interno di ognuno di questi organismi – Board of Directors, Membership Committee ed Engineering Steering Committee – non ci possono essere più del 30% dei membri che appartengono alla stessa azienda, ente od organizzazione (anche not for profit).

Confronto

2. LibreOffice non integra il codice IBM sull’accessibilità per problemi di licenza

FALSO. La Apache License usata da OpenOffice permette agli sviluppatori di LibreOffice di integrare tutte le nuove funzionalità di AOO, mentre la licenza LGPLv3/MPL di LibreOffice non consente ad Apache – o meglio, a IBM – di integrare le nuove funzionalità di LibreOffice (che rimangono esclusive). Un’ingiustizia? No, una scelta completamente sbagliata di IBM, che ha voluto una licenza predatoria per poter disporre a proprio piacimento del software sviluppato dai volontari, e si è tradotta da una parte nella quasi totale assenza di sviluppatori volontari nel progetto Apache OpenOffice e dall’altra in una “cronica” arretratezza di Apache OpenOffice nei confronti di LibreOffice. La tabella qui sopra mostra la situazione verso la metà del 2012 (le funzionalità che all’epoca erano proprie solo di AOO sono state poi integrate da LibreOffice, così com’è avvenuto per tutte le altre che sono arrivate con la versione 4.0). Nel caso dell’accessibilità, tra l’altro, la nuova tecnologia delle finestre di dialogo adottata da LibreOffice rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto ad Apache OpenOffice.

3. La versione cloud di LibreOffice non esiste

FALSO. La versione cloud di LibreOffice esiste, ma è stata sempre descritta come base di partenza per uno sviluppo finanziato da un’azienda oppure un ente (o si pensa che gli sviluppatori volontari possano mangiare porzioni di codice in luogo delle più tradizionali bistecche?). Lo stesso vale per la versione Android. Invece, tutti vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero un software libero perfettamente funzionante senza spendere nemmeno un centesimo. Purtroppo, questo non è possibile.

4. Gli aggiornamenti centralizzati e incrementali non esistono

FALSO. Gli aggiornamenti centralizzati e incrementali di LibreOffice per Windows esistono (sono file MSP, che possono essere installati attraverso Group Policy), ma non sono gratuiti (perché la manutenzione di un pacchetto ottimizzato per Windows richiede investimenti e risorse specifici, che hanno un costo). Peraltro, il prezzo unitario è particolarmente accessibile, e scende con l’aumentare del numero dei personal computer.

5. LibreOffice deriva da Go-OO

DOPPIAMENTE FALSO. LibreOffice 3.3 era basato sul codice sorgente di OpenOffice 3.3, con l’aggiunta di alcune parti di codice che facevano parte di Go-OO perché Sun aveva rifiutato di integrarle all’interno di OOo 3.0. Ma non basta, perché LibreOffice 4.0 è basato sul codice sorgente di Apache OpenOffice 3.4.1, visto che la Apache License consente la modifica della licenza e quindi ha permesso a TDF di passare dalla licenza permissiva a quella copyleft. LibreOffice non è MAI stato basato sul codice di Go-OO.

6. La frequenza delle nuove versioni di LibreOffice è un problema per gli utenti

FALSO. The Document Foundation suggerisce l’utilizzo di una versione più collaudata di LibreOffice rispetto a quella più recente (che potrebbe contenere bug e regressioni, così come TUTTE le ultime versioni dei software, compreso Apache OpenOffice 4.0), ma non certo l’installazione di tutte le nuove versioni. La frequenza dei rilasci mensili, infatti, ha lo scopo di motivare gli sviluppatori volontari, che vedono il loro lavoro immediatamente riflesso nella versione disponibile sul mercato, e non certo quello di provocare problemi agli utenti con aggiornamenti troppo frequenti. Chi fa affermazioni di questo tipo dimostra non solo malafede, ma anche scarsissima competenza nell’area del software (e delle migrazioni).

7. Il Comune di Parigi è migrato a LibreOffice perché ha gli sviluppatori in casa

DOPPIAMENTE FALSO. Il Comune di Parigi non è migrato a LibreOffice (ma lo farà). Il Governo Francese è migrato a LibreOffice da OpenOffice.org su 500.000 personal computer, dopo aver effettuato un’attenta valutazione nei confronti di Apache OpenOffice, e non ha nessuno sviluppatore al proprio interno ma una struttura che effettua la certificazione di una versione stabile di LibreOffice ogni sei mesi. Versione che viene installata sulla metà dei PC, che vengono quindi aggiornati una volta all’anno. Aggiungerei che TDF e LibreOffice vengono indicati come scelte strategiche del Governo Francese, al punto che quest’ultimo ha deciso di entrare nell’Advisory Board di The Document Foundation (pagando il relativo fee di ammissione).

8. Apache OpenOffice è “coperto” da IBM

FALSO, o meglio – purtroppo – VERO, perché la realtà è che Apache OpenOffice è un progetto IBM sotto le mentite spoglie di un progetto indipendente. Provate a verificare cos’è successo ai voti espressi dai membri indipendenti della comunità in occasione della votazione per il nome del prodotto, che IBM aveva deciso avrebbe dovuto essere Apache OpenOffice (senza .org). Ebbene, quando la maggioranza dei membri della comunità si era espressa a favore di Apache OpenOffice.org, è arrivato il voto di un numero di dipendenti IBM sufficiente a modificare il risultato. Verificareper credere. Questo non sarebbe mai successo all’interno di The Document Foundation, per la regola del 30% che ho illustrato in precedenza.

Confronto fra le due comunità di sviluppatori

Concludo con un rapido confronto tra le due comunità di sviluppatori, perché questo è un aspetto che viene puntualmente omesso da tutti i sostenitori di Apache OpenOffice in quanto fornisce una misura chiara e inequivocabile della superiorità di LibreOffice (e del fatto che le falsità sono di casa all’interno del progetto IBM).

Tutti i dati provengono da Ohloh, un progetto di BlackDuck Software che analizza e confronta l’attività di sviluppo all’interno dei progetti di software libero, attingendo direttamente ai repository (che nel caso di LibreOffice sono basati su GIT e in quello di Apache OpenOffice su Subversion). Quindi, sono dati indipendenti, che possono essere verificati facilmente.

Cominciamo da due schermate del sito Ohloh, che confrontano alcuni dati dei due progetti:

openoffice

Apache OpenOffice ha 14.501 commit da parte di 115 sviluppatori, per un totale di 23.087.761 righe di codice sorgente (che utilizza per il 48% il linguaggio C++ e per il 31% il linguaggio HTML).

libreoffice

LibreOffice ha 378.876 commit da parte di 1.121 sviluppatori, per un totale di 7.087.908 righe di codice sorgente (che utilizza per l’82% il linguaggio C++ e per il 6% i linguaggi XML e Java).

La differenza salta subito all’occhio di coloro che hanno maggiore dimestichezza con la tecnologia: LibreOffice ha più sviluppatori e più commit, con meno di un terzo delle righe di codice sorgente (e il 34% in più di righe di codice sorgente scritte in C++). In realtà, quel 31% di codice sorgente di Apache OpenOffice scritto in linguaggio HTML tradisce il fatto che per gonfiare il numero altrimenti esiguo degli sviluppatori IBM ha inserito all’interno del codice sorgente anche il wiki e il sito web, per cui la maggior parte degli hacker è nella realtà costituita da persone che potrebbero al massimo ambire al titolo di webmaster, ma non certo a quello di sviluppatore.

A questo punto, cerchiamo di approfondire il confronto andando a verificare l’andamento mensile degli sviluppatori attivi, e quello dei contributi di codice (depurati, ovviamente, dal numero di coloro che scrivono pagine wiki e web in linguaggio HTML).

sviluppatoriattivi

contributidicodice

Guardando questi grafici – che dimostrano in tutta la sua magnitudo l’errore strategico compiuto da IBM con la creazione del progetto Apache OpenOffice (che nelle intenzioni dell’azienda di Armonk doveva uccidere The Document Foundation e LibreOffice per il reato di “indipendenza” di un progetto di software libero) – credo sia inutile spiegare il motivo per cui tutte le migrazioni dall’inizio del 2012 a ieri siano state a LibreOffice e non ad Apache OpenOffice.

Il confronto diventa ancora più impietoso mostrando il grafico che confronta il numero dei nuovi sviluppatori attratti dai due progetti su base mensile: un numero che dimostra non solo la vitalità della comunità ma la qualità degli sforzi fatti dal gruppo dei vecchi hacker per accogliere i nuovi e integrarli rapidamente nel ciclo di sviluppo.

nuovisviluppatori

Concludo riaffermando, se mai ce ne fosse stato bisogno, che tutte le affermazioni contenute in questo post possono essere verificate, attraverso il sito Joinupdell’Unione Europea, che elenca tutte le migrazioni al software libero, e attraverso Ohloh, che offre i dati sui progetti di software libero. Si tratta in entrambi i casi di siti indipendenti che non hanno nessun tipo di relazione con The Document Foundation e LibreOffice. Siti realizzati da brave persone abituate a dire la verità, così come il sottoscritto.

Via libreitalia

Vedi anche l’articolo “L’Emilia Romagna passa a OpenOffice

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